Distrazioni

In settimana sfogliavo questo bellissimo magazine francese di ricette dolci dove, ad ogni pagina, corrispondeva un fugace tuffo al cuore per la bellezza delle immagini.

Confermato appieno che i francesi in cucina ci sanno fare, soprattutto quando si parla di patisserie, ho deciso di seguire la meno scenografica delle ricette, un dolcetto semplice semplice e familiare.

Ho letto un paio di volte ingredienti e procedimento. Il giorno seguente mi sono buttata in rete per fare le opportune ricerche sulla sua origine e sul suo aspetto, magari comparando la foto che avevo davanti, molto food-stylist, con quelle piú basic dei food blogger “comuni”. Devo ammettere che queste ultime erano un disastro, il gateau sembrava una frittella gigante cotta male o cotto troppo, con una quantità di crema sulla superficie che strizzava l’occhio piú al fegato che non al palato.

Quindi, ho cambiato piani, decidendo di rivedere le dosi a mio uso, consumo e piacimento. Mi capita davvero spesso di farlo, non preordinatamente ma succede. Non so se é perché io coi numeri non ho mai avuto grande feeling o piuttosto perché la maggior parte delle ricette che leggo non mi convincono fino in fondo e non sento mie, se non cambiandole. Poco o tanto, dipende dai casi e dall’umore del momento.

Ho ridotto la dose di crema e aumentato quella di farina per l’impasto, ho sostituito la poetica eau de fleur d’oranger (non trovate che abbia un suono melodico?) con l’altrettanto poetica e sognante eau de rose, trovata, dopo mille e piú ricerche, in un alimentari turco sotto all’ufficio!

Nell’impastare (non con le mia mani ma con la planetaria) ho avuto la nettissima sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato, perché l’impasto rimaneva troppo molle, al limite del “non maneggiabile” e la disperazione si é presto fatta strada nella mia testa.

Ho quindi aggiunto, in corsa, qualche cucchiaio extra di farina, con il terribile dubbio di stare facendo un errore madornale. Questa sensazione é stata amplificata anche dal fatto che l’impasto ottenuto, messo a riposare al caldo, coperto, non lievitava. O meglio, non lievitava come io pensavo che avrebbe dovuto fare. Mettermi nei panni di un impasto non sarà mai il mio forte…chiaramente.

Al termine del riposo, l’impasto é lievitato quanto necessario (n.d.r. poco) per ottenere un gâteau coi fiocchi. Col senno del poi, rinfrancata dalla bontà del dolce, sono andata a cercare online se qualche food blogger “comune” avesse messo le foto dei singoli passaggi, giusto per capire se e dove avevo sbagliato e ho trovato conferma che quanto avevo fatto con l’impasto era corretto: poca lievitazione e consistenza alquanto appiccicosa.

Mi sono aiutata con tanta farina sulle mani, reprimendo l’istinto di invocare l’aiuto del marito che, nel frattempo, aveva entrambe le mani altrettanto occupate, ma a cambiare pannolini. Nonostante queste piccole difficoltà, gli impasti si sono lasciati maneggiare, adagiandosi leggeri e morbidi negli stampi. Dopo la nappatura (la Francia si é decisamente impossessata del mio vocabolario!) e la cottura in forno, i gâteaux erano pronti per la prova assaggio.

Prima ancora di immortalarli, li stavamo divorando. Nel mio caso, per essere certa di quel che avrei poi pubblicato!

Probabilmente proprio il fatto che fossero cosí buoni, tanto da mangiucchiarne anche durante gli scatti, ci ha fatto distrarre i secondi necessari a far si che il quadrupede di casa ne rovesciasse uno in terra per valutare se i suoi gusti fossero in linea con i nostri. Evidentemente lo erano.

Gâteau de ménage

550 grammi di farina 00 (originariamente erano 500 grammi)

120 millilitri di acqua tiepida

2 uova intere + 1 tuorlo

90 grammi di zucchero

100 milliltri di panna

200 millilitri di latte

25 grammi di burro sciolto

1 cucchiaio di acqua di rose (originariamente acqua di fiori d’arancio)

8 grammi di lievito di birra secco (originariamente 7)

Un pizzico di sale

Per la “nappatura”

80 millilitri di panna (originariamente 120)

2 cucchiai di zucchero

1 tuorlo

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Ho versato tutti gli ingredienti dell’impasto nella ciotola della planetaria, su cui avevo montato il gancio a uncino e ho azionato a media velocità, lavorando per 10 minuti. All’inizio ho fermato un paio di volte per staccare con la spatola la farina che si era depositata sulle pareti della ciotola. Trascorso questo tempo, l’impasto era molle e appiccicoso. Ho coperto con un canovaccio e ho messo a riposare in caldaia (il posto piú caldo della casa) per 3 ore.

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Trascorso questo tempo, mi sono copiosamente infarinata le mani e ho prelevato l’impasto, dividendolo in due parti e adagiando ognuna in una tortiera foderata con carta da forno. Ho livellato leggermente la superficie di ognuna con le mani; l’impasto rimane comunque molto morbido e pertanto la “stesura” é veloce e semplice.

Ho messo le tortiere, coperte, a riposare nuovamente, per circa un’ora.

Nel frattempo ho preparato la crema mescolando la panna, il tuorlo e lo zucchero e ho acceso il forno a 200°:

Ho quindi preso le tortiere e ho versato la crema, aiutandomi con un cucchiaio.

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Questa parte é quella che piú si discosta da quanto ho visto online, soprattutto nelle dosi: la quasi totalità di foto illustravano torte coperte di crema, che cuocendo creava proprio uno strato. Sinceramente non mi piaceva assolutamente l’estetica di questi gâteaux e la parte liquida da versare mi sembrava francamente esagerata. Quindi ho ridotto la dose di panna. Un altro dettaglio, diverso dai piú: la crema viene versata al centro della torta e si crea una specie di cornice che racchiude il liquido. Nel mio caso ho deciso di utilizzare tutta la superficie disponibile senza creare alcun effetto “quadro”.

Ho infornato per 20 minuti.

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